A margine dei commenti su una nota rassegna canora in corso in questi giorni (nota: se non la seguo non è per darmi un tono, ma perché non me ne cale nulla, spassionatamente, difatti penso di chi la segue che fa benissimo a farlo esattamente come faccio bene io a non occuparmene), ribadisco il senso dell'ostensione illimitata della diversità puramente individualizzata ed esteriorizzata, del tutto sganciata dalla sua ossatura sociale. Chi pensa che nella kermesse musicale in questione stia andando in scena la libertà "progressista" di essere quello che si vuole, sta evidentemente sopravvalutando di molto la rassegna, come anche, in generale, il carattere emancipatore dell'esibizione parossistica (e di sicuro anche molto telegenica) della diversità.
All'aumento considerevole dei divari, delle differenze, delle sperequazioni e delle grandi concentrazioni economiche corrisponde oggi l'esaltazione di una libertà comportamentale esteriorizzata. Ma la libertà di essere è prima di tutto liberazione dal bisogno (per questo preferisco parlare di "liberazioni" e non di "libertà"...). Da tempo mi sono convinto che, almeno nella maggior parte delle espressioni che la accompagnano, la difesa dei diritti individuali neoliberali (che sono molto meno dei diritti civili seriamente intesi, che io sostengo) non corrisponda ad alcuna lotta di liberazione e di emancipazione, ma si inserisca in una cornice di marca sostanzialmente conservatrice. All'ombra della quale crescono i reazionari di domani e i disinteressati alla questione sociale di oggi e di domani, pronti, per un pugno di libertà tutte esteriori (in definitiva libertà di mostrare, di atteggiamenti, di costume, tutte cose che, per altro, sono ormai in pochissimi a negare) ad accettare supinamente la mortificazione del Lavoro, la precarizzazione, gli stage plurimi consecutivi dopo aver buttato migliaia di euro in inutili master, i salari insufficienti. Insomma il potere in tutti i suoi assetti vigenti, lo stesso che dispensa, attraverso i suoi apparati mediatici, le molteplici e convenienti epifanie celebrative della diversità, più che mai omologante.
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