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                                                                                                                                                            Contributi metodolici
Come si studiano le guerre
 
Causa occasionale e cause strutturali: annotazioni metodologiche tra Grande Guerra (1914-18) e Guerra dei Sette anni (1756-63)
 
 

Le guerre sono acceleratori di processi. Una guerra non è mai un lampo che si accende all'improvviso; vi sfociano le tensioni lungamente accumulate tra le potenze belligeranti. 
Così l'abc metodologico, quando ci si accosta allo studio di un conflitto, è rappresentato dalla distinzione tra causa occasionale e cause remote, o strutturali. Queste ultime assumono importanza maggiore, essendo atte a mostrare la causalità specifica alla base delle guerre, dal momento che investono le dinamiche di lunga durata. La Grande Guerra, per esempio, fu un conflitto ottocentesco quanto alle sue cause profonde. Nel 1914 si scaricarono le lunghe linee di tensione che si erano accumulate nel corso dell'ultimo trentennio del secolo precedente. In particolare, la più antica tra le rivalità europee opponeva la Francia alla Germania e risaliva al 1870, a Sedan, all'unificazione tedesca compiutasi attraverso la cocente umiliazione della Francia di Napoleone III. Più recente era, invece, la rivalità tra Germania e Gran Bretagna risalente all'inizio degli anni Novanta dell'Ottocento. Più recente ma  non meno aspra. Le ragioni dell'ostilità tra le due potenze sono da ricercare nel deciso cambio di rotta impresso dal nuovo kaiser Guglielmo II alla politica estera della Germania. Bismarck, che per circa vent'anni era stato il fulcro degli equilibri europei, aveva saggiamente scelto di tenere la Germania in posizione defilata nelle contese coloniali. Lo statista tedesco sapeva infatti che la Germania arrivava ultima nella gara tesa a garantirsi il controllo degli scacchieri globali e, dunque, entrare nella mischia avrebbe comportato inevitabilmente un inasprimento dei rapporti con le altre potenze, Fu esattamente quanto avvenne a partire dal 1890, quando Bismarck uscì di scena e Guglielmo II si fece fautore della Weltpolitik ("politica mondiale"), intesa a garantire alla Germania un impero coloniale commisurato alla formidabile espansione del suo apparato industriale. La ricerca delle colonie, dunque, portò gli interessi della Germania a confliggere con quelli della Gran Bretagna, che alla fine dell'Ottocento era in possesso dell'impero coloniale di gran lunga più esteso su scala globale. Nell'ultimo decennio del secolo, le due potenze si sfidarono in una crescente competizione in particolare nell'ambito della marina militare. Ormai la Francia e la Gran Bretagna avevano un nemico in comune. Si andavano cristallizzando i due blocchi contrapposti che si fronteggeranno nel primo conflitto mondiale. La Russia, inoltre, si avvicinò all'Intesa (Gran Bretagna e Francia) per via dei crescenti legami economici con la Francia. La prima industrializzazione della Russia avvenne infatti grazie alla robusta iniezione di capitali francesi. La Germania, da parte sua era legata con la Triplice alleanza all'impero austro-ungarico e all'Italia. Quest'ultima, però, rappresentando l'unica eccezione alla logica altrimenti ferrea dei due blocchi, entrerà nel conflitto già iniziato, nel maggio 1915, a fianco delle forze dell'Intesa (vedi anche al riguardo l'articolo Verso la prima guerra mondiale).
 
 
 
 
 
 
 
[caricatura di Guglielmo II, che ne mette a nudo l'ambiziosa weltpolitik; via il sito https://natiperlastoria.home.blog]
 
Un'altra fondamentale linea di tensione opponeva l'Austria-Ungheria alla Russia nei Balcani. Il compromesso del 1867,  trasformando l'impero asburgico in una diarchia, aveva premiato l'elemento magiaro, generando però una diffusa insoddisfazione nelle altre minoranze, in particolare nelle popolazioni slave, che soffrivano il centralismo di Vienna e la soluzione dualistica che aveva innalzato Budapest a secondo centro per importanza nella grande compagine multietnica.  La spina nel fianco dell'impero austro-ungarico era rappresentata dalla Serbia che, indipendente dal 1878, si pose alla guida del movimento irredentista slavo, animata da una ideologia panslavista. La Serbia, cioè, spingeva per l'indipendenza delle popolazioni slave dei Balcani occidentali che vivevano all'interno dei confini dell'impero e che sarebbero dovute confluire nella Grande Serbia. A complicare ed ampliare il gioco geopolitico entrava l'elemento della Russia, tradizionalmente protettrice dei popoli slavi, vicina alla Serbia e in competizione con l'Austria nell'area di influenza balcanica. 

Se le cause profonde della Grande Guerra furono pienamente ottocentesche, la scintilla che la fece esplodere fu rappresentata dall'attentato di Sarajevo, cioè l'assassinio dell'erede al trono asburgico, l'arciduca Francesco Ferdinando d’Austria-Este, commesso il 28 giugno 1914  da Gavrilo Princip, uno studente bosniaco affiliato all'associazione segreta "Mano nera", facente capo alla Serbia.
La causa occasionale, come è evidente, non risponde ad una logica di necessità assoluta. Anch'essa si inquadra nelle più ampie determinanti complessive della grande Storia, alle quali, però si vanno a sovrapporre gli effetti delle circostanze e delle azioni individuali. Così, non è casuale che l'evento scatenante del conflitto avvenisse proprio nei Balcani, ma è "occasionale" che l'evento sia stato proprio quello e non un altro, e che sia accaduto proprio in quel momento. 

Ora, se il livello delle cause strutturali deve senza dubbio essere considerato quello più essenziale per la comprensione dei conflitti, è chiaro che la propaganda di guerra di tutti i belligeranti tende ad occultarlo. Le cause strutturali, infatti, mostrano, per definizione, le ragioni, e non solo i torti, del campo avversario. A tal punto ragioni e torti erano ben distribuite, visto che la Grande Guerra fu una guerra imperialistica da parte di tutte le potenze belligeranti, che i governi misero in campo uno sforzo poderoso per mobilitare le coscienze, all’insegna di un acceso nazionalismo. Non è un caso che la Grande Guerra abbia inventato la propaganda moderna. La propaganda si rivolgeva anche alla popolazione civile e poté avvalersi degli strumenti dell'industria pubblicitaria nata con la
Seconda rivoluzione industriale. La rappresentazione del nemico come meritevole di odio caratterizzò sia il campo dell'Intesa che quello degli Imperi centrali.
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[fonte delle immagini qui sopra: Google /immagini di pubblico dominio]
Il ragionamento sulle cause strutturali mostra che occorre sempre assumere una distanza temporale di almeno tre-quattro decenni. ​Volgiamoci ad un esempio di ambito modernistico per  consolidare ulteriormente l'impostazione metodologica basata sul primato delle cause strutturali. Spostiamo la scena nel cuore del Settecento, quando la Prussia entrò nel vivo del gioco geopolitico, con un atteggiamento intraprendente e aggressivo, rischiando molto in almeno un frangente, ma uscendone in definitiva rafforzata e con il ruolo di potenza con la quale nessuno, da lì in avanti, poté più in futuro evitare di fare i conti.

Nel 1740 Federico II di Hohenzollern, la dinastia regnante in Prussia, invase la Slesia, una ricca regione mineraria appartenente all’impero asburgico, dando avvio alla guerra di successione austriaca. Il pretesto fu la contestazione della “Prammatica sanzione”, una legge che estendeva la successione al trono imperiale anche alla linea femminile e in virtù della quale nello stesso anno, alla morte di Carlo VI d’Asburgo, sarebbe dovuta salire al trono la figlia Maria Teresa. Si venne a determinare una vasta coalizione anti-asburgica. Maria Teresa, saggiamente, non potendo fronteggiarla con speranze di successo, si rassegnò a cedere la Slesia, in cambio della ratifica della Prammatica sanzione, ottenendo così di salire sul trono.

La partita tra Austria e Prussia, tuttavia, non era affatto chiusa. L’amaro boccone della perdita della Slesia non era andato giù agli Asburgo che, grazie all’opera dell’astuto diplomatico Wenzel Anton von Kaunitz, poi cancelliere, lavorarono per intessere relazioni diplomatiche in vista di una ripresa delle ostilità. L’abile von Kaunitz riuscì nel suo intento, isolando la Prussia e portando dalla parte dell’Austria nientemeno che la Francia, cioè la storica rivale. Francia e Austria erano sempre state su opposti schieramenti nelle guerre che si erano combattute nella prima metà sdel Settecento.  Si erano create le premesse per un nuovo conflitto, la guerra dei Sette anni (1756-63), che si combatté sia in Europa che nelle colonie.

Come si spiega questo clamoroso rovesciamento delle alleanze? In primo luogo la Prussia aveva ormai sopravanzato la Francia come fonte di preoccupazione e nemico per l’Austria. Maria Teresa riuscì a garantirsi anche l’appoggio della zarina di Russia Elisabetta, anch’ella in apprensione per la costante crescita della Prussia. In secondo luogo, anche la Francia aveva a quel punto una preoccupazione maggiore, rappresentata dalla Gran Bretagna; tra le due potenze era infatti cresciuta una sempre più accesa rivalità commerciale.

Le prime fasi del conflitto sembrarono segnare le sorti della Prussia in modo rovinoso. Accerchiata dalle truppe congiunte austro-russe, la Prussia fu sul punto di capitolare e nel 1759 Berlino fu occupata. A questo punto intervenne un colpo di fortuna: alla morte della zarina Elisabetta salì sul trono di Russia Pietro III, un sincero ammiratore del sovrano “illuminato” Federico II, presso la cui corte aveva soggiornato il filosofo Voltaire. Alla Prussia fu dunque garantita una pace separata onorevole. L’Austria, rimasta da sola a combatterla, non faceva più così paura. L’altro elemento che giocò a favore della Prussia fu la potenza del suo alleato. La partita tra Gran Bretagna e Francia ebbe come posta in palio il predominio sui mari e si combatté nelle colonie, sia in Nord America che in India. In entrambi gli scenari fu la Gran Bretagna a prevalere.

Winston Churchill, primo ministro britannico dal 1940 al 1945 e di nuovo dal 1951 al 1955, nonché premio Nobel per la letteratura nel 1953 “per la sua padronanza della descrizione storica e biografica e per la brillante oratoria in difesa dei valori umani” (motivazione per il conferimento del premio) quale emerge dalla sua poderosa opera di saggistica storica, definì la guerra dei Sette anni come la prima vera guerra mondiale, cioè come una guerra mondiale ante litteram, proprio perché si combatté in più teatri di guerra distanti tra loro e dislocati su tre continenti. In ogni caso, il dato strutturale che emerse alla fine del conflitto fu la definitiva affermazione del primato inglese sui mari, che da ora quel momento in avanti sostanzialmente non sarà più contendibile.

Abbiamo dunque messo in evidenza come anche per le guerre del Settecento l'analisi delle cause strutturali costituisca la fondamentale leva di comprensione. Ovviamente, in questo articolo abbiamo fornito solo due esempi (la Grande Guerra e la Guerra dei Sette anni) atti ad esemplificare l'assunto, che va esteso allo studio di qualunque conflitto. Perché non dovrebbe valere anche per i conflitti in corso? Forse che essi si sottraggano alla regola d'oro della distanza temporale di alcuni decenni, indispensabile per la comprensione? Niente affatto. E tuttavia, come la propaganda di epoche passate, i sistemi informativi delle parti belligeranti lavorano proprio per la rimozione delle cause strutturali. In effetti la propaganda esercita e struttura precisamente questa pretesa: che la lettura complessa dei conflitti non debba mai valere per il presente, che sia, al limite, un lusso che non ci si può permettere. Vale la pena notare che tenere aperta la complessità e riconoscere anche la quota di ragione degli avversari sarebbe di fondamentale importanza nell'ottica preventiva dei conflitti. Il complesso militar-industriale, tuttavia, è per definizione ben poco incline a distribuire ragioni e torti.

La basilare metodologia storica apre alla lettura dei conflitti senza unilateralismi. Così l'impostazione che abbiamo qui delineato, e che, giova ripeterlo, non è altro se non l'abc in fatto di metodologia storica, applicata al conflitto in corso in Ucraina deve richiamare immediatamente le responsabilità dell'occidente, includendo l'espansione della NATO a est dopo il 1990 tra le sue chiare cause strutturali. Sono chiaramente indicate al loro posto dal Barbero e dal Caracciolo, tra i manuali in uso per il liceo che ho consultato ed editi successivamente all'inizio del conflitto che ha avuto la sua causa occasionale nell'invasione russa dell'Ucraina il 24 febbraio 2022. Nonostante la loro evidenza e la loro ricostruibilità, le cause strutturali della guerra in corso sono un tabù per il mainstream dell'occidente. Il motivo è semplice e lo abbiamo esaminato ripercorrendo le guerre del passato: durante una guerra, l'informazione è sostituita dalla propaganda. Essa è sempre già un atto di guerra, è parte integrante delle logiche di guerra. Non è un caso se a completare il quadro si ritroverà anche la puntuale rappresentazione del nemico come Male assoluto, funzionale alla prosecuzione del conflitto: con il Male, cioè con un nemico al quale non si riconosce alcuna ragione, ma solo torti, resi certa dalla natura criminale di un'essenza malvagia, non ci si può sedere al tavolo delle trattative, si può soltanto combatterlo "fino alla vittoria finale". 

 

Riepiloghiamo

Nota metodologica: come si studiano le guerre. Quali elementi sono essenziali alla comprensione di un conflitto?

- causa occasionale / cause strutturali

- Schieramenti

- Teatri di guerra

- Trattati e conseguenze

Esempio: guerra dei Sette Anni

Causa occasionale, in Europa: invasione prussiana della Sassonia (29 agosto 1756). Nella colonie: attacco francese alla base navale inglese di Mahón, nelle Baleari (aprile 1756), seguito da una formale dichiarazione di guerra da parte inglese. 

Cause strutturali: rivalità austro-prussiana.  Desiderio di rivincita dell'Austria, che intendeva riprendersi la Slesia, sottrattale dalla Prussia con la guerra di successione austriaca. Crescente rivalità economico-commerciale tra Francia e Gran Bretagna.

Schieramenti: Prussia e Inghilterra (con altri alleati minori) contro Austria, Francia e Russia (con altri alleati minori)

Teatri di guerra: Sassonia, Prussia, Nord America, India.

Trattati e conseguenze: Paci di Parigi e Hubertusburg. Predominio inglese sulle grandi rotte commerciali; consolidamento della Prussia nel cuore dell'Europa.

Questa impostazione, esercitata sulle guerre del passato, deve essere messa al servizio della comprensione del presente.

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